Nel vento di Gucci

Recensione originariamente pubblicata su Padpad Revolution e Lo snodo il 22 gennaio 2013, attualmente irreperibile.

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L’ultimo romanzo di Emiliano Gucci, Nel vento, edito da Feltrinelli, è tutto racchiuso in cento metri. Potrebbe essere un esercizio da far fare in una scuola di scrittura: scrivi un romanzo in cui il protagonista va da casa sua alla fermata del tram; oppure, in cui il protagonista sosta davanti al bancone della gelateria a scegliere i gusti; oppure, in cui il protagonista corre una gara dallo start alla linea di arrivo. E basta.

Già, si fa presto a dire “e basta”. Perché in quella corsa, in quei pochi metri percorsi stanno racchiusi tutti gli episodi di una vita intera, che riaffiorano alla mente come bolle melmose da un lago sulfureo. Una dopo l’altra scoppiano e costringono il protagonista a rivivere, metabolizzare, elaborare dolori, traumi e qualche breve momento di felicità. L’infanzia torna a colpire con i suoi ricordi: un fratello amato e un padre bestiale, una madre fuggita e le corse come scoglio cui aggrapparsi disperatamente per non affogare. Da grande è arrivato anche l’amore, quello vero, assoluto, che però non è riuscito a sopravvivere e che ha lasciato un buco nero che tutto risucchia (“quando ho amato è stato devastante e perfetto ma è durato niente”).

Il protagonista non ha nome, potremmo chiamarlo DUE, come la corsia cui è stato assegnato, come la sua posizione sul podio, sempre la stessa negli anni. Un eterno secondo che però è convinto, anzi, sa che stavolta spariglierà le carte e strapperà l’oro a quello che la combine di turno ha già incoronato. Perché Nel vento non è solo un romanzo intimista e lacerante (l’incipit è ustionante: “Nel 1992 mio padre uccise mio fratello nella neve. Nel 2007 ho perso Caterina per sempre. Io per questi motivi corro”). Il quinto romanzo di Gucci è anche, in assoluto, il più “politico” della sua produzione. Niente di sentenzioso o moraleggiante ma le denunce ci sono, precise e spietate come spilli nella carne viva. Lo sport, innanzitutto, quell’atletica che spesso la televisione ci mostra come la disciplina dei puri, immacolata vetrina olimpica che risplende al confronto di calcio e ciclismo, corrotti da scandali continui. No, anche nell’atletica se vuoi arrivare a disputare i migliori tornei, le finali più prestigiose, devi scendere a patti con il male e accettare di ingoiare fiele e pasticche. Scommesse e doping sono due elementi interconnessi che tengono in piedi il baraccone e fanno scorrere fiumi di soldi.

E poi ci sono altri spilli, messi fra le righe, piantati sulla bambolina voodoo di un potere nascosto e proprio per questo onnipotente e onnipresente, come pioggia acida che non risparmia niente e nessuno.

Centotrenta pagine dense, scritte nel solito stile limpido e diretto di Gucci in cui emergono talvolta toscanismi veraci a fare più vera la scrittura. Pagine tutt’altro che leggiadre, come il titolo e la copertina potrebbero erroneamente far pensare.


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