Il brigante – intervista a Marco Vichi

IL BRIGANTE

Articolo originariamente pubblicato nel novembre 2006 su WEMA – Web Magazine e attualmente non più reperibile.

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È uscito per Guanda il nuovo libro di Marco Vichi: Il Brigante. Abbiamo scambiato in proposito quattro chiacchiere con l’autore

Ne Il brigante ci sono diversi personaggi che raccontano una storia. Si può dire che tutta l’architettura del romanzo fa da cornice a questi racconti che hanno un loro valore anche se presi singolarmente. A cosa è dovuta questa scelta narrativa? Avevi forse voglia di scrivere dei racconti, ma poi hai voluto cercare una mediazione con la forma-romanzo?

La storia è partita da sola e si è sviluppata in quel modo, non c’è dietro nessun progetto relativo alla struttura, che del resto è molto semplice. Da lettore mi ha sempre appassionato il racconto nel racconto, perché dà alla narrazione un ulteriore spessore temporale.

Tutto il libro è percorso dal tema di uno scontro di classe ante-litteram, di una contrapposizione fra nobiltà e quarto stato che poi non è altro che una ricerca di giustizia sociale, di riduzione delle discriminazioni fra gli uomini. Aleggia un sentimento proto-socialista ingenuo ma allo stesso tempo feroce. Un personaggio scrive su un muro “Chi è servo è colpevole” , che sembra uno slogan sessantottino. Perchè hai voluto analizzare questo fenomeno storico e sociale?

Quando scrivo non cerco mai di analizzare, ma solo di raccontare una storia… e in una storia ci può entrare di tutto. Questo aspetto “sociale”, se c’è, non era voluto, e credo che abbia più a che fare con la vita e le disavventure dei personaggi che con un’idea politica.

Oggi il mondo è brutale e ingiusto, sotto molti aspetti, almeno quanto lo era due o tre secoli fa. In più le ideologie che avevano cercato di proporre un’alternativa a un certo modello sociale e politico hanno fallito, o mostrano enormi difficoltà ad affermarsi. Non pensi che, paradossalmente, dopo le grandi battaglie per i diritti del secolo scorso, siamo tornati un po’ alla situazione dei primi dell’ ‘800 di cui parli nel libro?

Dal punto di vista etico oggi è certamente peggio, perché nei secoli passati nessuno si era ancora posto certe domande, oggi invece abbiamo le risposte e anche i mezzi per cambiare le cose. Un errore che si basa sull’ignoranza e sull’abitudine è moralmente più grave di un errore commesso quando si ha gli strumenti per evitarlo. Lo sfruttamento delle classi popolari di prima della Rivoluzione non può avere lo stesso valore dello sfruttamento delle multinazionali di oggi a danno dei bambini di mezzo mondo. Ma per il momento, sapere cosa è ingiusto non ha cambiato minimamente le cose. Denaro, Potere e Guerra formano la trinità divina dei nostri giorni, e il risultato non può che essere desolante.

In quasi tutti i racconti dei personaggi del libro emerge il tema dell’amore. Un amore però non romantico o salvifico bensì “guastatore” (“l’amore guasta il mondo”, dice un personaggio). Un amore che porta dolore e manda in rovina le esistenze degli uomini. Come mai questa visione esiziale del sentimento amoroso?

Non so, forse perché non ne posso più di sentir parlare di certe cose in modo un po’ stereotipato. L’amore, la famiglia… non possono essere valori assoluti. Per amore certe mamme distruggono i figli, e la famiglia può anche essere un “luogo” isolato dove si commettono i peggiori soprusi e le più squallide violenze. L’amore guasta il mondo è il titolo di un romanzo di Furio Monicelli… che ancora non ho letto. Ma quella frase mi è rimasta così impressa che a un certo punto ho dovuto scriverla.

Da un punto di vista stilistico hai usato una forma, un tono che a volte ricorda quello delle novelle e delle favole classiche. Come mai? Ti ha influenzato in questo la nostalgia per una Toscana e, in generale, per una dimensione di vita che non c’è più?

La lingua di un romanzo, almeno per quando mi riguarda, si propone da sola a seconda della storia. Epoca, luoghi e vicende cercano il loro linguaggio.

Dal commissario Bordelli a Frate Capestro. Due personaggi diversi o simili?

Diversissimi. Come credo siano diversi tra loro i personaggi di questo romanzo e anche quelli delle altre storie che finora ho raccontato.

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