OT – Parigi, fra domande e sgomento

OT (Off Topic) – Articoli fuori tema rispetto alla linea principale del blog, per stimolare la riflessione su tematiche ad ampio spettro.

serveimageVoglio condividere due riflessioni sui fatti parigini, che sono domande in cerca di risposte più che asserzioni. In questi ultimi vent’anni di fatti del genere ne abbiamo visti fin troppi ma fortunatamente non ci abbiamo fatto il callo. Ogni volta lo sgomento è inalterato, forse stavolta è ancora più grande per i numeri della fredda e calcolata barbarie. Con gli anni, però, proprio perché certi schemi si ripetono sempre uguali, si riesce sempre meno ad accettare che certi fatti possano accadere. Per l’ultimo attentato multiplo parigino, infatti, la cosa che non è stata sottolineata abbastanza è proprio la sua “impossibilità”. Per farla breve: se Echelon non è una leggenda metropolitana e se Assange e Snowden non sono dei buontemponi che ci hanno raccontato barzellette, è pacifico che le autorità abbiano il controllo assoluto di qualsiasi tipo di comunicazione. Ogni messaggio che non sia trasmesso col piccione viaggiatore, il pizzino o il segnale di fumo è intercettato, catalogato ed elaborato dai Servizi (se big data funziona in modo eccellente per proporvi su internet la pubblicità perfetta per voi, figuriamoci i livelli raggiunti per garantire la “sicurezza nazionale”). Per pianificare, organizzare e mettere in pratica una serie di attacchi come quelli di Parigi, è necessario che decine di persone (appartenenti oltretutto ad un ambiente che dovrebbe essere osservato speciale) comunichino fra di loro in modo assiduo per mesi; senza contare il reperimento e lo spostamento di armi ed esplosivi in una grande capitale europea, di per sé blindatissima. Alla luce di questa scontata e banale constatazione, un attentato come quello parigino dovrebbe essere tecnicamente e logisticamente impossibile da attuare. Quindi io sono ancora qui che mi domando come abbiano fatto a compierlo, in sette punti della città, coinvolgendo centinaia di persone innocenti senza che nessuno avesse sentore di quello che stava per accadere. L’unica azione preventiva è stata fatta abboccando al falso allarme mattutino, evacuando l’albergo in cui alloggiava la nazionale tedesca di calcio. Roba da ispettore Clouseau.
Ancora più incomprensibile risulta il fatto che Hollande, il capo dello stato, la persona la cui incolumità dovrebbe essere la prima preoccupazione per l’apparato di sicurezza, sia stato portato nello stadio dove due kamikaze si sono fatti esplodere! Non possiamo che pensare che i Servizi francesi fossero davvero all’oscuro di tutto e abbiano ripetuto le leggerezze commesse per Charlie Hebdo. Ma allora perché l’indomani non sono stati azzerati i suoi vertici per manifesta inettitudine?
E poi: come mai si aspetta tre lunghe, infinite, assurde ore prima di fare irruzione al Bataclan dove, si badi bene, non era in corso un rapimento con trattativa, per cui bisognava esser sicuri di non nuocere agli ostaggi, ma un massacro, fin da subito configuratosi come tale?
Come mai l’ISIS attacca uno stato che lo ha aiutato militarmente in Libia in chiave anti Gheddafi e in Siria in chiave anti Assad (come fa notare lo storico Franco Cardini nella sua lucidissima analisi) e non invece la Russia, unico stato che, insieme a Iran, curdi ed Hezbollah, ha fatto una seria repressione nei suoi confronti?
Non voglio speculare sul dettaglio dell’ennesimo terrorista pasticcione che si porta dietro il passaporto, ritrovato integro, come fosse in gita scolastica. Era successo anche l’11 settembre 2001, negli attentati di Londra, ad Oklaoma City, per gli attentati a Charlie Hebdo e persino risalendo all’indietro fino a Oswald. Particolari che, se l’aggettivo non stonasse col contesto, potremmo definire comici.

Mi fermo qui con le domande che non mi hanno fatto dormire, a cui giornalisti ed “esperti” da salotto tv non daranno risposta e che non fanno che accrescere il mio sgomento.


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