Mio nonno è morto in guerra

Cristicchi 26 febbr casalguidiParte col botto la stagione del teatro Francini di Casalguidi (PT). Il botto amaro e assordante delle bombe della seconda guerra mondiale che un bravissimo Simone Cristicchi rievoca nel suo spettacolo Mio nonno è morto in guerra, andato in scena venerdì 26 febbraio. Un’ora e mezza di aneddoti e storie vere, ma talmente inusitate da sembrare uscite dalla fervida immaginazione di uno scrittore in vena di stupire con romanzi ad effetto. La fame che morde le pance nella Roma “città chiusa”, sventrata dai bombardamenti alleati; il gelo che non abbandonerà mai le ossa dei reduci (anzi, no, dei miracolati) tornati a piedi dalla campagna di Russia; il dramma dimenticato degli esuli dalmato-istriani i cui beni giacciono ancora ammassati nel Magazzino 18 del porto di Trieste; gli eroi dimenticati come la donna ucraina uccisa da un cecchino russo perché tentava di aiutare i feriti italiani; le partigiane bruciate vive nella Risiera di San Saba e ricordati dai compagni superstiti di Dachau. E poi i richiami all’oggi, agli ordigni ancora inesplosi che continuano a mutilare ragazzi innocenti a distanza di 60 anni, in Italia e all’estero, nei paesi con cui la nostra industria delle armi fa affari; richiami agli sputi cui è soggetta la nostra Costituzione (“testamento di 100.000 morti”, come la definiva Calamandrei) da parte di una classe politica gretta e spregiudicata; all’ignoranza vergognosa ostentata in quiz televisivi da giovani generazioni che non si meritano il diritto di voto. Di tutto questo parla Cristicchi, con la sua voce calda e avvolgente, che suscita commozione e talora il riso. Un artista vero, che fa teatro civile con pochi oggetti, qualche video e tante parole usate con estrema consapevolezza. Rime e assonanze si rincorrono in un testo drammaturgico a tratti lieve come una canzone malinconica, a tratti spietato e truce come un corpo dilaniato dalle bombe. L’applauso finale, con tutta la sala in piedi, è molto più di un “bravo, bis”: è un ringraziamento per aver fatto vivere emozioni vere, tenendo vivo il ricordo di ciò che è stato.


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