L’umanità di Gucci

Articolo originariamente pubblicato nel marzo 2010 su Lo Snodo e attualmente non più reperibile.

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Emiliano Gucci è al suo quarto libro e, anziché incorrere nell’insidiosa crisi di crescita, inforca il suo lavoro più maturo, più complesso forse, ma sicuramente più solido e più “romanzo” degli altri. L’umanità, uscito per i tipi di Elliot, è la storia apparentemente piatta e ordinaria di un uomo qualunque che fa una vita qualunque, con le piccole ossessioni e paranoie tipiche di tanti uomini soli: non guida la macchina, non incontra amici, gioca a dama su internet, lavora in una fabbrica disumana e alienante, non ha donne. Gli unici momenti in cui sembra riconciliarsi un po’ col mondo sono le nuotate nella piscina comunale e le passeggiate nel parco cittadino. Su tutta la sua vita pende, famelica, una bocca costantemente vicina a ingoiarlo, e la Janara…

Il dolore è la cifra che, fin dalle prime pagine, caratterizza il romanzo. Il protagonista ha un passato angoscioso che gli ha stravolto l’esistenza e da cui non riesce a liberarsi. Si è autorecluso nel recinto delle piccole abitudini ed ha lasciato fuori il mondo, il resto dell’umanità. Spuntano però, ad un certo punto, due figure che fanno di tutto per riportarlo ad una vita normale, meno assurda e claustrofobica. Un giovane che cerca di intervistarlo sul suo passato di scrittore e una donna incontrata nel parco. Il primo diventerà una sorta di psicanalista involontario che lo aiuterà a rifare definitivamente i conti col suo passato e a cercare una svolta. La seconda, persona enigmatica e complessa quanto lui, gli darà lo spiraglio di un nuovo amore, di una rinascita dei sentimenti.

Su tutto e tutti cade la pioggia. Insistente, greve, simbolica, costantemente richiamata nelle pagine del libro. Dolore, angoscia, rimorsi, alienazioni… una lettura dunque difficile? Tutt’altro. Se Gucci ha abbandonato l’ironia dei primi romanzi (forse non semplici prove giovanili ma senz’altro più sbarazzini) rimane il suo stile chiaro, pulito, accattivante, che rende piacevoli anche atmosfere cupe e drammatiche come quelle descritte. C’è poi un taglio narrativo che non indulge mai nella compassione o nella drammaticità da fiction tv di bassa lega. Benché narrato in prima persona, il romanzo rimane lucido, distaccato, mai auto-commiserante. Lo sviluppo della storia riserva, infine, aperture e sorprese che stimolano continuamente a voltare pagina, e il finale lascia aperte ipotesi su cui ogni lettore potrà dire la sua.


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