Andrea Bassani è un poeta bergamasco che ormai da molti anni vive a Pistoia, e sul territorio ha partecipato a molti eventi poetici (alcuni da lui stesso organizzati) nonché registrato presenze in riviste letterarie. Andrea Bassani è un poeta vero, uno che la poesia la vive in modo bruciante, spesso con dolore ma sempre con onestà, intensità e grandi doti stilistiche. E come altri poeti veri (penso ad Anna Maria Dall’Olio, Leonardo Magnani, Francesco Zanoncelli, Paolo Succhiarelli, Riccardo Scaldini, Adua Biagioli e altri…) non compare fra i nomi (sempre i soliti) dello star system poetico pistoiese, anche di recente celebrato in una pubblicazione. Star system che, è giusto dirlo, annovera poeti ottimi se non di valore assoluto, accanto però ad alcuni decisamente mediocri (per essere diplomatici).
Ma Andrea Bassani ci offre comunque la possibilità di conoscerlo e apprezzarlo grazie al suo libro, recentemente pubblicato per Terra d’ulivi, dal titolo Lechitiel. La prima presentazione ci sarà martedì 29 novembre alle ore 21 presso l’Office Café di Agliana. La serata, oltre all’autore, vedrà all’opera anche Martina Fantacci (artista) che dipingerà l’angelo Lechitiel secondo la sua pazza visione, il prof. Ernesto Marchese (critico letterario), Daniele Mandorli (tastiere) e Mimma Melani (cantante). Per chi lo desidera c’è anche un ricco apericena. Di seguito una poesia di Andrea Bassani, per capire di che pasta è fatto.
ioTELEFONO
Papa Francesco con la sua veste bianca
che si fa un selfie con il suo iPhone bianco
sulla papa-mobile bianca.
Tutto bianco. Tutto in tinta.
Gli è valso la copertina
di una nota rivista scandalistica
che sfoglio quasi volentieri
quando sono in seduta fecale.
Questa tecnologia ci tiene tutti per le palle.
La distrazione da iPhone è contagiosa e letale:
l’automobilista guida
senza più guardare la strada;
il pedone attraversa
senza più curarsi delle automobili.
Alla fermata del bus di linea
i ragazzi si confondono coi platani.
Non si spingono più,
non gareggiano a chi sputa più lontano,
non si rincorrono prendendosi a pedate nel fondoschiena.
Stanno ritti su se stessi, intirizziti,
piantati nel loro metro quadrato,
iPhone alla mano,
risucchiati dal parassita intelligente
che vive dietro lo schermo.
Ubriaco sulla panchina,
un barbone resiste:
dorme per non assistere allo scempio,
costretto all’anima dalla povertà,
preservato dalla povertà,
salvato dalla povertà.
Chissà se tra un ventennio esisteranno
centri di recupero per iPhonisti anonimi,
con uno slogan pubblicitario tipo:
“iPhonisti anonimi.
Tornare alla realtà non è più un sogno.”
Sarebbe la migliore delle ipotesi:
vorrebbe dire che gli umani hanno vinto.
Al momento, comunque,
tutto questo è utopia.
Ancora dobbiamo arrivarci al disastro completo.
Siamo ancora allo stadio delle solitudini:
la solitudine del non iPhonista
che senza app e social network
è tagliato fuori da ogni attività mondana,
e la solitudine dell’iPhonista
che in una mattonella con fotocamera
ha inserito tutto il suo tempo,
passato, presente e futuro,
speranze, amori, ambizioni,
tutta la sua energia vitale,
devoluta in beneficenza
alla gigantesca egregora aliena
dei robot di carne.
Grazie alla tecnologia
autodistruggerci
è diventato piacevole.
Ognuno sta solo col suo iPhone
trafitto dalle notifiche di facebook:
ed è subito sera.
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