La scrittura materica di Laura Del Lama

Se le pagine di Laura Del Lama fossero quadri, la sua tecnica sarebbe sicuramente materica: grandi pennellate corpose, grumi di colore, manciate di sabbia, cotone, plastica, petali o qualsiasi cosa possa servire a rendere al meglio il senso dell’opera. Leggere i racconti di A cosa servono gli occhi (Noripios/Polistampa, 2017) dà proprio questa sensazione, rigo dopo rigo, immagine dopo immagine. Poche parole a volte bastano per far “toccare” al lettore la scena descritta, come se venisse estrusa nella terza dimensione. A questa capacità rappresentativa si aggiunge una spiccata sensibilità introspettiva tipicamente femminile (gli autori uomini raramente riescono a capire così nel profondo certi meccanismi interiori), e una voglia di ribaltare sempre il canone comune, la credenza sociale, l’abitudine dei costumi solitamente accettati. E quindi è la madre a drogarsi, non la figlia; è la donna che non vuole diventare genitore, non l’uomo; è la madre che abbandona la famiglia, non il padre. Racconti spesso forti, ruvidi, mai rassicuranti che ci costringono a fare i conti con noi stessi, se ne abbiamo in sospeso.
Originariamente usciti per riviste e antologie, questi sei racconti sono stati finalmente riuniti in una raccolta che merita di essere letta, non foss’altro per scoprire a cosa servono gli occhi.


Laura Del Lama è nata nel 1975 a Firenze ed è operatore tecnico comunicazione LIS (Lingua dei Segni Italiana). Ha pubblicato il romanzo Non so dove ho sbagliato (Cult/Barbes, 2009) oltre a racconti su riviste e antologie tra cui Drugs (Guanda, 2011) ed È tutta una follia (Guanda, 2012).

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