La rivelazione del Tibet

Preceduta da un convegno di levatura internazionale sulla figura e l’opera del gesuita pistoiese che fu tra i primi occidentali a giungere in Tibet, si è aperta il 14 ottobre la mostra “La rivelazione del Tibet – Ippolito Desideri e l’esplorazione scientifica italiana nelle terre più vicine al cielo”. Visitabile fino al 10 dicembre a ingresso libero presso Palazzo Sozzifanti (via De Rossi, Pistoia), l’esposizione rende omaggio ad un illustre concittadino (Pistoia, 1684 – Roma, 1733) che anticipò di secoli gli specialisti del settore e fu l’antesignano di una fortunata stagione di esplorazioni italiane in Asia.
Nelle affascinanti (e poco note) stanze dell’antico palazzo Sozzifanti, si potranno ammirare documenti, carte geografiche, foto panoramiche d’epoca, strumentazione scientifica, filmati e dipinti su stoffa (thangka) del XV e XVI secolo, che permetteranno di ripercorrere idealmente queste terre lontane.
Dopo aver compiuto un lungo cammino attraverso le regioni del Punjab, Kashmir, Baltistan e Ladakh tra il 1712 e il 1728, Ippolito Desideri rivelò il “Tetto del Mondo” all’Europa attraverso descrizioni ricchissime e originali di un paese all’epoca totalmente sconosciuto. Le pagine dei suoi scritti – tra cui cinque opere in lingua tibetana – raccontano le aree esplorate dal punto di vista geografico, storico, antropologico, filosofico e religioso e mostrano una prodigiosa capacità di penetrare la complessità delle concezioni centrali del Buddhismo.
Ippolito Desideri è ritenuto l’iniziatore di una lunga e proficua stagione di ricerche e viaggi che hanno visto protagonista la scienza italiana: il percorso espositivo svelerà l’eccezionale contributo offerto dall’Italia nel campo dell’esplorazione in Tibet, in particolare nell’area Karakorum-Himalaya.
Molti oggetti e immagini in mostra sono stati infatti raccolti durante i vari viaggi di esplorazione e di studio guidati da Osvaldo Roero di Cortanze, Luigi Amedeo di Savoia, Mario Piacenza, Filippo De Filippi, Giuseppe Tucci e Ardito Desio. Questi esploratori – mossi dall’unico fine della conoscenza – compresero a fondo le particolarità geografiche, uniche al mondo, la religione, l’arte e la cultura del Tibet e ne diedero per la prima volta nella storia una precisa collocazione e una descrizione cartografica corretta.
Ispirata dallo studioso pistoiese Enzo Gualtiero Bargiacchi, la mostra è promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, ed è curata dal geografo e storico Andrea Cantile e da Massimiliano Alessandro Polichetti e Oscar Nalesini del Museo Nazionale d’Arte Orientale “Giuseppe Tucci” di Roma.


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