Intervista a Simone Piazzesi su Esperanto

Ripubblico questa intervista ormai non più presente in rete, fattami nel giugno del 2009 da Ettore Giosuè Trozzi sul blog Esperanto.

EGT: Simone Piazzesi è un autore emergente, un ragazzo sulla trentina, che man mano si sta affermando nella rete e nelle librerie. Ha scritto diversi libri come Topo Oreste e la grande città e Il giorno che vidi il tuo volto. Penso sia molto bello leggere le sue parole che, passando dai grandi del passato come Sbarbaro, guardano al futuro con gli occhi dei sognatori. Scrittore per passione, per bisogno o per vocazione?

SP: Sicuramente per passione e forse un po’ anche per vocazione visto che mi è sempre piaciuto scrivere, fin da piccolo. Se per bisogno intendi bisogno economico, è ovvio che quello c’è sempre, ma vivere di scrittura è un privilegio che si possono permettere in pochi.

EGT: Che cosa fa’ poi uno scrittore?

SP: Diciamo che non basta scrivere per essere uno scrittore. Bisogna avere qualcosa da dire, qualcosa di profondo, magari di innovativo o che incida sulla realtà in qualche modo. E poi bisogna saperlo scrivere. Sembra un’ovvietà, ma oggi persino giornalisti affermati sbagliano i congiuntivi o scrivono con errori ortografici. La forma, nella scrittura, vale almeno quanto il contenuto. Di Fenoglio ne nasce uno ogni secolo, mentre invece oggi tutti credono di poter manipolare la lingua come vogliono in nome dell’ “originalità”.

EGT: In un altra tua intervista hai detto “Penso che in definitiva si scriva perchè ci dà piacere”. A quale piacere ti riferivi?

SP: Al piacere quasi fisico della creazione, proprio nel momento in cui butti giù qualcosa e dai forma a idee che hai in testa. E’ un piacere, una soddisfazione che dura durante e dopo aver finito l’opera. Ma forse più durante.

EGT: Scrivi per te stesso o metti in conto anche il tuo lettore?

SP: Sartre diceva che l’opera dello scrittore finisce nel momento in cui viene letta da qualcuno. Direi che il riscontro dell’altro è fondamentale, dà un piacere particolare e aiuta a crescere se il lettore fa appunti o critiche. Però non è indispensabile. Si scrive anche per se stessi, senza porsi il problema del potenziale lettore. Personalmente detesto quegli scrittori che scrivono esclusivamente per il pubblico, per compiacerlo e riceverne riscontri positivi. E purtroppo alcuni hanno molto successo e si vantano persino di questo “metodo” di scrittura, quasi una forma di marketing. Penso a Ken Follet o altri grandi best seller…

EGT: Sei laureato in lettere. Che influenza hanno i grandi artisti del passato nella tua scrittura?

SP: Gli scrittori di un passato recente, diciamo il ‘900 soprattutto italiano, mi influenzano parecchio, perchè poi sono la mia lettura principale. I grandi del passato lasciano sempre qualche sedimento dentro, magari non esplicito ma che fermenta.

EGT: Il nome del tuo libro pubblicato da Nicola Pesce Editore è “Topo Oreste e la grande città”. Nella tua prefazione lo descrivi come un libro di Amore, amicizia e solidarietà. Non si è ormai detto abbastanza di amore? In che modo Topo Oreste Ama? Pensi che amore e amicizia possano andare in conflitto tra di loro?

SP: Dopo due millenni di letteratura in teoria si è già detto abbastanza di tutto. L’importante è come si parla delle cose, cercando possibilmente vie nuove. Topo Oreste ama in modo molto particolare, perchè il suo è un amore inusuale, diciamo “diverso”. Ma non posso svelarti troppo. Amore e amicizia sono due sentimenti che possono assomigliarsi, e che proprio per questo possono entrare in conflitto. Mi riferisco al classico caso in cui le due parti si trovino uno sul versante dell’amore e l’altro su quello dell’amicizia.

EGT: E’ uscita anche una versione ad immagini del tuo libro. Come mai questa scelta?

SP: Perchè un libro indirizzato ai ragazzi trova nelle illustrazioni un suo compimento, visto che l’aspetto visivo e immaginifico è molto più forte nei piccoli lettori. Anche se ho scoperto, presentando la prima edizione non illustrata a classi delle elementari, che alcuni apprezzano la mancanza di illustrazioni. La vedono come un limite in meno rispetto alla loro capacità di immaginare la storia “a briglie sciolte”.

EGT: Ora vorrei entrare in un ambito un po’ dedicato: gli scrittori esordienti. Dimenticati dalle grosse case editrici? Come mai? E’ vero che, come si dice, c’é tanta “scrittura spazzatura”?.

SP: Che ci sia tanta scrittura spazzatura è indiscutibile, ma questo prescinde dall’essere giovani scrittori. Purtroppo “scrivono coi piedi” anche tanti autori iper-sponsorizzati dalle grandi case editrici e che solo per questo vendono migliaia di copie. Non sono però d’accordo sul fatto che le case editrici, di tutte le dimensioni, ignorino gli esordienti: i manoscritti vengono letti, magari con tempi lunghi, ma non sono ignorati. Ovviamente c’è sempre un po’ di “paura di rischiare” nel pubblicare un esordiente, ma se uno scrittore vale, sono convinto che prima o poi viene notato.

EGT: Ci sono tantissimi libri editi in Italia. Come mai avremmo bisogno di “Topo Oreste e la grande città”?

SP: Posso dire solo che tutti quelli che finora l’hanno letto sono rimasti molto soddisfatti. Quindi un motivo potrebbe essere che non si rischia di buttare via soldi, qualche oretta di piacevole lettura è assicurata.

EGT: Ultima domanda: sono più importanti i sogni e le aspettative dello scrittore o del lettore?

SP: Sono due cose distinte. Come dicevo uno scrittore non può basare la sua opera su quello che si aspetta il lettore, sarebbe un falsare il processo creativo. Ciò non toglie che le aspettative del lettore sono importanti e sono quelle che poi alla fine giudicano il libro, nel bene o nel male.


EGT: Pubblico un’altra intervista che ho fatto a Simone, ragazzo che è sempre molto disponibile e che meriterebbe più spazio negli organi di informazione. Hai vinto un concorso: di che cosa si tratta?

SP: E’ un concorso letterario indetto da ArciReport la rivista telematica dell’Arci. Il tema del concorso era la città, in tutte le sue varie sfumature. Hanno partecipato una sessantina di racconti, e i migliori dieci (più cinque selezionati) sono stati inseriti in un raccolta dal titolo “Scrivi la città”. Il libretto sarà edito a brevissimo da Stampa Alternativa e farà parte della storica collana dei Millelire (oggi un euro). Sono molto soddisfatto di questa cosa, anche perchè il mio racconto (“L’edicola”, che potete leggere sul blog di Arci Report) è molto diverso dal mio canone usuale, molto più noir.  

EGT: Pensi che cambierà qualcosa questa pubblicazione nel tuo futuro?

SP: Stampa Alternativa è una casa editrice ben distribuita e con un curriculum di tutto rispetto, ma dopotutto è solo una partecipazione a un’antologia , non è un libro monografico. Comunque sperare non costa niente, non si sa mai.Come dicevo si intitola “L’edicola”, ed è la storia di un emarginato sociale che grazie ad un momentaneo lavoro come edicolante trova per la prima volta il suo posto nel mondo. Purtroppo la cosa non dura in eterno e il contraccolpo non sarà da poco. Ho tratto ispirazione da quelle edicole-gabbia, minuscole, in cui il povero edicolante sta rinchiuso quasi senza potersi muovere, quei chioschi che a volte si trovano ancora agli angoli delle strade delle città. Niente a che vedere con certe edicole-superstore che ci sono adesso.

EGT: Recentemente hai pubblicato anche un libro di poesie e aforismi.

SP: Sì, si intitola “Il giorno che vidi il tuo vidi il tuo volto” e raccoglie una quarantina di poesie che ho scritto negli ultimi dieci anni. E’ un libro a cui tengo molto, al di là delle aspettative di “mercato” (si sa che se la narrativa vende poco la poesia vende quasi nulla). E poi ho avuto il grande onore di vedermi scrivere la prefazione da Roberto Carifi, un mio illustre concittadino, nonchè una delle più grandi voci poetiche contemporanee. Sul mio sito potete leggere alcune poesie e vedere i poem-trailer che mi sono divertito a realizzare.  

EGT: Nuove tecnologie stanno nascendo. Il futuro dei libri sono gli e-book ?

SP: Sicuramente gli e-book rappresentano una nuova forma di fruizione della letteratura che offre possibilità notevoli. Ma non saprei sbilanciarmi a dire se sfonderanno o se saranno un flop. Le case editrici sono molto tradizionaliste, e in specialmente in Italia non sono tanto “aperte” a certe novità. Personalmente, tuttavia, ritengo che il fascino di un “vecchio” libro sia inarrivabile. Un e-book può darmi un milione di pagine in formato tascabile (come un i-pod per la musica) ma non potrà mai darmi l’odore della carta, il suo fruscio, la sensazione al tatto.  

EGT: Che ruolo avranno i giovani? Quali sono gli autori emergenti più validi?

SP: Certamente un giovane ha più dimestichezza con le nuove tecnologie, ma ripeto, è il sistema editoria che è piuttosto tecnofobo. Per quanto riguarda autori emergenti non me la sento di dare giudizi, posso citare solo alcuni nomi che mi hanno colpito: Carlo Carabba per la poesia e Emiliano Gucci per la narrativa.


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