Il Chianti gotico di Vichi

Recensione originariamente pubblicata il 3 ottobre 2007 su WEMA – Web Magazine e attualmente non più reperibile.

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C’è una che terra che, più del Chianti, rappresenta nell’immaginario collettivo il senso di pace, serenità e relax? Forse no, e lo sanno bene le frotte di stranieri che affollano quel pezzo di Toscana come turisti e, sempre più spesso, come residenti. Scordatevi tutto questo se vi accingete a leggere l’ultimo romanzo di Marco Vichi: Nero di luna, edito da Guanda. Infatti, oltre alla notte con le sue mille ombre; oltre ai personaggi “oscuri”; oltre alla malattia mentale e alle case maledette, ci imbattiamo nientemeno che in lupi mannari e fantasmi! Lo scrittore del concreto e realistico commissario Bordelli è forse impazzito? No, tranquilli, niente è come sembra, anche se…

Il libro racconta di uno scrittore che, per trovare l’ispirazione per “il romanzo più bello della sua vita”, va a vivere nella pacifica campagna senese. Presto però scopre misteri che non si sarebbe aspettato e un’omertà diffusa che lo spinge sempre di più a ficcare il naso dove non dovrebbe. Le leggende, si sa, nascono dall’ignoranza. Molto più spesso, però, sono il volto rappresentabile di realtà così tremende da non poter essere esplicitate. E così, man mano che il protagonista andrà avanti nella sua indagine informale sui misteri di Fontenera, scoprirà verità molto più prosaiche ma non per questo meno orribili.

Detto così potrebbe sembrare un romanzaccio fantastico-morboso; in realtà, con garbo e ironia, lo scrittore fiorentino ci guida lungo un intreccio avvincente e ci fa scoprire una vicenda umana tragica ma pietosa (nel senso etimologico del termine, che suscita pietas).

Un discorso a parte meritano le riflessioni sullo scrivere fatte dal protagonista che, per l’appunto, è uno scrittore. Non si può non domandarsi quando di “vero” e di autobiografico ci sia in frasi del tipo “battevo sui tasti con il sorriso sulle labbra, senza capire da dove sbucassero le parole […] mi sentivo più un dattilografo che uno scrittore”; oppure, “avevo scritto quasi dieci pagine di getto, e mi ero anche divertito […] avevo proprio voglia di vedere come andava a finire”. Insomma, uno spicchio di meta-letteratura che incuriosisce e fa riflettere su quelli che sono, o potrebbero essere, i meccanismi creativi di uno scrittore. La pagina che “si fa da sé”, le notti passate al computer, un romanzo cercato che non quaglia e un racconto inaspettato che si presenta senza invito sono tutti elementi con cui uno scrittore si confronta quotidianamente e che il lettore spesso tende a dimenticare, preso dal flusso di immagini ed emozioni scaturite dalla pagina.


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