Gli sguardi dal Novecento di Nicola Vacca

17728_938162726227886_3453808381612408742_nL’Italia è quel paese in cui i critici, stipendiati dalle Grandi Case Editrici, pubblicano recensioni entusiastiche degli autori delle Grandi Case Editrici; in cui i nuovi nomi di spicco della poesia sono tali perché amici-amanti-parenti di editori o poeti già affermati; in cui ci sono conventicole e congreghe non solo ai piani alti della politica e della finanza ma anche nel mondo editoriale, per cui, se sei in buoni rapporti con Tizio, forse pubblichi con Caio e forse ti recensiscono sul Sempronio della Sera o finisci in televisione. Non è “populismo letterario” è una verità che chiunque vive dall’interno questo mondo può confermare. Come fa Nicola Vacca, poeta e critico letterario, che da anni denuncia la triste condizione delle italiche lettere e che venerdì 17 aprile ha presentato il suo libro, Sguardi dal novecento (Galaad, 2014), alla Libreria del Globo di Pistoia. In questo panorama sconfortante esistono fortunatamente le eccezioni e, soprattutto, non è sempre stato questo lo stato dell’editoria italiana. Il ‘900 ha visto fiorire numerosi autori di altissimo pregio, spesso essi stessi talent scout presso grandi case editrici (Calvino su tutti), per cui chi valeva poteva ancora sperare di poter emergere come scrittore. Oggi questo accade solo se la casa editrice ti individua come “risorsa finanziaria” con cui fare cassa, sfruttando ogni astuzia del marketing e sfornando “casi letterari dell’anno” in serie. Vacca, nel suo libro, raccoglie venti saggi brevi su altrettanti autori (dieci italiani e dieci stranieri) fra i giganti del Novecento che, paradossalmente, stanno scomparendo dai cataloghi e si stanno avviando verso l’oblio dopo aver conosciuto anche lo splendore della fama. È il caso di Cassola, Bufalino, Bassani e lo stesso Calvino, prevede Vacca, verrà presto dimenticato perché troppo severo e “puro” nelle sue scelte stilistiche ed editoriali. Questo l’obiettivo di Sguardi dal novecento: denunciare lo stato di crisi attuale riaccendendo i riflettori su quei grandi autori che rischiano di essere troppo presto dimenticati. La cosa più grave, sostiene ancora Vacca, è che questo oblio spesso è dovuto ad un pregiudizio ideologico di certa stampa e pseudo-critica con i paraocchi che, per esempio, non riesce a riconoscere la statura da gigante di un Pound o di un Céline solo perché hanno abbracciato per un certo periodo una fede politica “inaccettabile”, dimenticando quello che è stato il loro immenso contributo alla letteratura mondiale (oltre ai Cantos, non avremmo avuto l’Ulisse di Joyce o la Waste land di Eliot se non fosse stato per Pound, tanto per dire). Il Gruppo 63 ha fatto i suoi danni ma ancora oggi, anno 2015, il manifesto non recensisce Nicola Vacca perché nel suo libro si trova un saggio su Ezra Pound: siamo oltre l’ottusità, siamo nel campo della stupidità più sordida.

L’incontro alla Libreria del Globo, molto partecipato, si è poi sviluppato in una chiacchierata aperta con il pubblico, con numerosi input e spunti per approfondire scrittori e poeti dal grande fascino e spesso semi-sconosciuti. Nel caos della modernità, dovere di ognuno è portare avanti e promuovere l’amore per la lettura al di là delle bieche logiche commerciali delle major dell’editoria; guardando oltre le pile di libri insulsi esposte nelle librerie di catena; non foraggiando autori da salotto televisivo che hanno poco da dire (e quel poco lo dicono male). Questo il messaggio che, lasciando la libreria, gli intervenuti si sono portati dentro.


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