Criptocrazia – intervista a Paolo Ferrari

Articolo originariamente pubblicato nel novembre 2011 su Lo Snodo e attualmente non più reperibile.

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Libertà, diritti, democrazia sono parole oggi tanto abusate quanto svilite. I media ci vendono l’immagine di un mondo occidentale (ovviamente il migliore possibile) che rispetta la privacy ed è attento alla riservatezza dei singoli individui. In realtà basta alzare la testa per strada per vederci spiati da nidi di telecamere, i nostri cellulari dicono in ogni momento alle autorità dove siamo e cosa ci raccontiamo, internet mappa i nostri gusti e le nostre abitudini. Insomma, la privacy è una grande bufala e lo stesso concetto di libertà rischia di essere fagocitato dal marketing e dal controllo dall’alto. Paolo Ferrari ha scritto un romanzo che riflette proprio su queste tematiche e si pone delle domande: c’è qualcuno che, nascosto, cerca di pilotare i nostri destini? Criptocrazia, un mix inquietante di dubbi e riflessioni da fare.

Dalla nota biografica si scopre che Paolo Ferrari di professione fa l’odontoiatra. Cos’é che fa fare il salto dalla dentiera al romanzo?

Leggere storie e scrivere storie per me è stato da sempre qualcosa di più di una semplice passione. Scrivere vuol dire immedesimarmi nei personaggi per cercare di capire stati d’animo, modi di pensare o vedere, diversi e contrapposti. È un modo per riflettere sui diversi aspetti dell’umanità. Fare il medico (dei denti, va bene, ma questo è secondario), al di là dell’aspetto tecnico, è una professione dove si è a contatto con persone molto diverse tra di loro che vogliono essere comprese nel proprio dolore, nella propria paura e nella propria individualità. Ecco che le due attività, quindi, appaiono molto vicine: mi trovo comunque di fronte a delle persone (immaginarie o reali) che si presentano davanti a me per essere ascoltate, conosciute e possibilmente comprese nei loro sentimenti più intimi.

Criptocrazia è un romanzo a suo modo scomodo. Senza fare nomi e cognomi svela in parte un sistema di controllo globale a cui tutti siamo assoggettati. Questo ti ha creato difficoltà nella ricerca di un editore?

Onestamente no, a questo riguardo Leone Editore è stato molto disponibile e mi ha lasciato completa autonomia. Il fatto di non fare nomi o non soffermarmi su situazioni specifiche è legato al fatto che il libro, nell’ambito di una riflessione ampia sulla libertà nella nostra epoca, pone l’accento non tanto su chi è che può toglierla ma su quanto noi stessi siamo disposti a fare perchè questo non avvenga. Se la libertà diventa un peso, qualcuno ce ne sbarazzerà di sicuro, dipende solo da noi decidere in che misura.

In realtà qualche nome e cognome c’è, si cita il gruppo Bilderberg e vengono in mente gli Illuminati che, secondo alcuni, sono i veri padroni del mondo. Quanto pensi ci sia di vero in queste teorie che, troppo spesso, vengono sbrigativamente denigrate come “complottiste”?

Non credo nei complotti e nei grandi vecchi, ma credo nel marketing diffuso. Credo che per vendere i loro prodotti le multinazionali studino il consumatore, cioè noi, in maniera scientifica, esattamente come fanno i partiti politici. Credo che i media siano pilotati e inaffidabili e trasmettano una realtà completamente deformata. Credo che il termine democrazia sia illusorio e che il nostro futuro passi al di sopra delle nostre teste senza che neanche ce ne accorgiamo. Ma ognuno degli attori agisce per il proprio interesse, indipendentemente e anzi, in concorrenza con gli altri. E’ molto peggio di un complotto.

Dal libro si evince una tua profonda conoscenza del mondo della rete e dell’informatica in genere, il tema dopotutto lo richiede. Non pensi però che troppi tecnicismi possano precludere la lettura a chi non è avvezzo con computer e simili?

Mi sono posto il problema, in effetti, e ho cercato di ridurre al minimo. D’altra parte sono un vecchio lettore di fantascienza e trovare un “reattore positronico” non mi ha mai scoraggiato dal finire un romanzo che mi piaceva. Spero che nel romanzo ci sia di più dell’aspetto tecnico e che se qualche concetto rimane oscuro o si genera qualche dubbio, sia di stimolo ad approfondire certe tematiche.

Il romanzo affronta un altro tema scottante, soprattutto in Italia: l’eutanasia, il testamento biologico. La posizione fondamentalista della Chiesa è l’unico motivo del nostro ritardo legislativo oppure il nostro paese non è comunque culturalmente pronto per queste tematiche?

Credo che l’influenza della Chiesa sia fondamentale nel soffocare un dibattito realistico su temi etici. In Italia si fatica a forgiare una moralità laica che rispetti la libertà di tutti, al punto che anche la ricerca scientifica nel nostro paese viene rallentata da posizioni dogmatiche come quella sulle cellule staminali.

Da un punto di vista di struttura del romanzo, non ho apprezzato i tre intermezzi che spezzano la narrazione, il continuum, con finestre sul mondo (Russia, Cina, Brasile) che non hanno nessun legame con la trama (se non la tematica del controllo sociale). A mio parere l’organicità del romanzo ne risente, pur essendo i tre capitoli degli ottimi “racconti in sé”. Come li giustifichi?

Ho riflettuto molto se lasciare o meno gli intermezzi. Lo scopo che mi ero prefisso era quello di offrire uno sfondo, quasi una quinta teatrale alle avventure dei Prestigiatori. Gli scenari lontani dovrebbero dare un senso di profondità e di credibilità a tutto il resto. Alcuni lettori li hanno apprezzati, altri meno. Io ci sono abbastanza affezionato, ma questo non conta.

Per il futuro cosa hai in programma? Hai già pronti altri romanzi? Se sì, puoi anticipare qualcosa?

Sto scrivendo un nuovo romanzo, ma per adesso preferisco non dire niente. Scaramanzia, mi perdonerete.

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