Cento anni dalla Grande Guerra… partita da Monsummano

MARTINI002-350x535Oggi si celebra il centenario dell’entrata dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale. Una mattanza inutile (600.000 morti, 900.000 mutilati) che poteva essere evitata mantenendo la neutralità che l’Italia aveva avuto nel primo anno di guerra. Ma interessi superiori (apparato industriale, banche, pressioni anglo-francesi) fecero sì che anche noi scendessimo in campo, mandando al macello nelle trincee migliaia di giovani contadini e piccolo-borghesi (gli operai restarono in gran parte nelle fabbriche belliche). Le cronache di allora (i media, si direbbe oggi) raccontarono di un Paese sempre più voglioso di mostrare la sua eroicità, di liberare Trento e Trieste, i movimenti interventisti urlavano sui giornali e nelle strade, fino ad arrivare alla pagliacciata delle “radiose giornate di maggio”. Folle di interventisti, minoranza esigua nel Paese, riempirono le piazze chiedendo di entrare in guerra (oggi si parlerebbe di manifestazioni pilotate dall’alto, tipo le “rivoluzioni colorate” dell’Est Europa di qualche anno fa, o le cosiddette “primavere arabe” con cui la CIA ha ridisegnato il volto del Nord-Africa). Il re, quindi, fece finta di essere costretto dalle richieste del popolo, non dette l’incarico a Giolitti (che avrebbe avuto i numeri in Parlamento per formare un governo pro-neutralità) e dichiarò guerra agli Imperi Centrali.
Le cose, però, andarono un po’ diversamente.
Già da un mese, infatti, il governo aveva firmato segretamente il Patto di Londra con cui si impegnava ad entrare in guerra a fianco dell’Intesa, ma tale Patto verrà reso noto solo tre anni dopo dal neonato governo sovietico. Un complotto, insomma, con cui si scavalcò il Parlamento e si calpestarono i principi liberali. Una pratica di cui il Potere si serve abitualmente ma che oggi viene derisa come fosse un’assurdità (contro chi osa mettere in dubbio le versioni ufficiali, i troll della rete sghignazzano “GOMBLODDO!!11!”).

Ma c’è un’altra storia dietro questa vicenda, che nessuno racconta. Una storia che riguarda da vicino il nostro territorio e un personaggio noto come benefattore, grande politico, letterato e filantropo. Si tratta di Ferdinando Martini da Monsummano, che fu Governatore dell’Eritrea per 10 anni, parlamentare per 42 anni, ministro dell’Istruzione, scrittore e giornalista. Uno che contava, a cui si deve in parte la nascita stessa della città di Montecatini come centro termale da contrapporre a Bagni di Lucca, la bonifica del padule di Fucecchio, il teatro di Monsummano, la tranvia Pistoia-Lucca ecc.
Nel 2011 è uscito per Laterza il libro Ferdinando Martini – l’uomo, il letterato, il politico di Guglielmo Adilardi e Carlotta Lenzi Iacomelli i quali, con incontrovertibili prove documentarie, ricostruiscono le molteplici sfaccettature della personalità e della vita del Martini. Tra i tanti episodi, si fa luce sul ruolo determinante che ebbe proprio nel far decidere il tentennante governo Salandra a firmare il suddetto Patto di Londra. Il Martini, infatti, quasi sequestrò per una notte intera il ministro degli esteri Sonnino e il presidente del consiglio Salandra in una pensione di Frascati, tenendoli impegnati in un’accesissima discussione (arrivarono quasi alle mani) per convincerli a far entrare l’Italia in guerra. Evidentemente, il Martini era portatore di interessi “forti” ed era stato scelto per fare pressioni sul governo. Le pressioni, come si è visto, andarono a buon fine e il 24 maggio 1915 l’Italia dichiarò guerra all’Austria-Ungheria. Questo per dire che l’immane carneficina della Prima Guerra Mondiale fu dovuta anche ad un uomo che la storia ha ricordato come un grande filantropo, un fine letterato, un eccelso politico ecc. ecc.
Curiosità: nel testo citato si riportano anche le prove dell’iscrizione di Ferdinando Martini alla massoneria, nella loggia Propaganda 2, la stessa in  cui militava anche il Carducci (anche lui con trascorsi pistoiesi).
Il libro è stato presentato alla Biblioteca Forteguerriana il 5 novembre 2013, la foto sotto si riferisce all’evento.

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