Il Blues è morto? Viva il Blues!

locandinaI lettori de La MELA non avranno nessun resoconto sulle serate del Pistoia Blues 2014. Chi gestisce la concessione degli accrediti stampa (Davvero Comunicazione), ha infatti deciso di fare una cernita delle testate ammesse in piazza, e La MELA è rimasta fuori. La motivazione è che le richieste pervenute sono state moltissime (cosa normale per un grande festival) e quindi non a tutte poteva essere concesso il pass di ingresso. Piazza del Duomo è molto capiente, ma non voglio fare polemica, dopotutto è una scelta legittima dell’ufficio stampa. La MELA è un piccolo blog locale nato da poco, mi rendo conto che non possa reggere il confronto con testate vere e proprie. Pago ogni anno la tessera all’albo dei giornalisti, scrivo gratis perché questo blog non ha sponsor, ma i drammi della vita sono altri, figurarsi. Lo dico solo per giustificare davanti ai miei lettori il motivo per cui non leggeranno le recensioni dei concerti.

Mi limito quindi a riportare le mie impressioni dopo un giro in centro nella serata in cui in Piazza cantava il buon vecchio Robert Plant. La novità di quest’anno è la sparizione del tradizionale mercatino dalle vie del centro. I “bancarellai” hanno, a mio parere giustamente, polemizzato nelle scorse settimane perché questa scelta logistica avrebbe potuto danneggiarli economicamente. Quelli che sono finiti in piazza San Francesco e piazza dello Spirito Santo, mi pare che ne abbiano risentito poco: il passeggio c’era, abbondante. Diverso il discorso per quelli a cui è toccata piazza San Bartolomeo: pochi banchi, piazza riempita per metà, mezza al buio e con scarso passaggio di gente, data la dislocazione fuori mano rispetto ai concerti e al centro storico. Ci si deve andare a posta, in San Bartolomeo, e non tutti allungano la camminata per vedere altre bancarelle dopo che magari hanno già visitato le altre due piazze. La motivazione del riposizionamento del mercatino è stata l’adesione allo spirito della manifestazione “diffusa” in vari luoghi della città e forse anche la ricerca di una maggiore sicurezza in caso di calca. Sicuramente per via Curtatone e Montanara si circolava meglio ieri sera, ma è anche vero che la folla c’era lo stesso e che in 35 anni di Blues non mi pare si siano mai verificati incidenti particolari a causa del passeggio a passo di lumaca uno attaccato all’altro. La manifestazione diffusa è una bella idea, indubbiamente, soprattutto per i palchi allestiti in vari luoghi e band a far musica anche per chi non va in Piazza del Duomo. Però mi sembra un contentino dato a chi è stato spogliato del “vecchio” Blues.

Io sono fra i tanti che hanno vissuto le edizioni del Blues degli anni ’90 (gli anni ’80 li ho persi per ragioni anagrafiche) e, scusate la facile battuta, era tutta un’altra musica. Si dirà: ma c’era la droga (perché, oggi è sparita?), la gente dormiva e defecava per strada, i frikkettoni (quelli veri) con le loro mercanzie erano agli angoli delle strade senza permessi e licenze varie, i bonghi non facevano dormire i residenti ecc. ecc. Tutto vero, ma dopotutto era questione di tre giorni, non si trattava di sei mesi d’assedio alle mura cittadine. I latini dicevano “Semel in anno licet insanire”, ossia “una volta all’anno è permesso fare pazzie”, e il carnevale medievale ne riprese lo spirito. Ma nel Medioevo erano sporchi, brutti e cattivi, si sa, mentre “la civiltà è sterilizzazione” ci insegna Aldous Huxley nel suo Mondo nuovo. Che quel mondo nuovo sia poi la più agghiacciante delle tirannie è secondario, l’importante è che tutto sia in ordine, pulito e che regni la stabilità sociale. Nei campeggi dove bivaccava il “popolo del Blues”, invece, di stabilità ce n’era poca, ci scappò anche il morto per overdose e quello fu il casus belli per eliminare alla radice il motivo di tanta sconcezza: via i campeggi, e chi vuol venire da fuori a vedere i concerti si paga una stanza da qualche parte. Se non te la puoi permettere stai a casa. Quel Festival Blues, con tutti i suoi limiti e le sue “devianze”, aveva una caratterizzazione che lo rendeva davvero unico nel panorama dei festival estivi nazionali. Era sincero, ruspante, umanamente ricco, sporco ma vero, caotico ma emozionante. Tutto questo però stonava con l’ordine e la pulizia (a volte anche con la legalità, è vero, ma le forze dell’ordine e i cani antidroga ci sono proprio per quello), e in questi anni le varie amministrazioni succedutesi hanno fatto di tutto per livellare i contrasti, pulire le strade, evitare incidenti. Ed oggi possiamo dire che ci sono riuscite. L’eliminazione del caratteristico mercatino dalle vie del centro è forse l’ultimo atto che dà il colpo di grazia a quello spirito che rendeva il Festival Blues unico nel suo genere. Adesso Pistoia ospita un festival come tanti per otto giorni (perché nel frattempo anche i tre giorni di woodstockiana memoria si sono dilatati); un Festival che, pur mantenendo mediamente alta la qualità degli artisti sul palco, ha perso la sua identità e la sua personalità; sono spariti i freak e sono comparsi tanti camion di porchettari, come in una qualsiasi sagra di paese; i ragazzi “bene” una volta non andavano al Blues, oggi si sbronzano insieme a quelli “alternativi” per le vie del centro, magari col cappellino OBEY in testa (guardatevi Essi vivono, bischeri!). Altro caso di omologazione, nello stordimento alcolico (rigorosamente in bicchieri di plastica, però!).

Ma forse è giusto così. Tutto scorre, diceva quello, anche un festival musicale è normale che cambi. Speriamo solo di non dover mai vedere il brand di qualche multinazionale inserito nel nome della manifestazione, come già accade in molti (tristi) casi.

Il Blues è morto? Viva il Blues!


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